30.06.2019
Corriere della Sera
reportage di Goffredo Buccini
Rifiuti, mobilità, innovazione: Roma è una città ferma (e senza sogni)
Economia, trasporti, rifiuti: in due dossier tutti i mali della Capitale. Che nella capacità di attrarre imprese e denaro è superata anche da Istanbul. E dove solo il 28% dei suoi cittadini in età lavorativa ha conseguito una laurea. Ma il futuro non è ancora scritto.
Omissis ….
Nuovi prigionieri urbani
Si chiama «Roma in movimento» (con un ossimoro irridente e probabilmente involontario) il volume del dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza che, firmato dai professori Lucina Caravaggi e Orazio Carpenzano, è in uscita per Quodlibet.
Mentre l’Onu stabilisce tra gli obiettivi del millennio di implementare trasporti pubblici sicuri e sostenibili entro il 2030, la capitale d’Italia è il fanalino di coda quanto a infrastrutture ferroviarie e metropolitane.
Roma conta 3 linee di metro e 73 stazioni per complessivi 59 chilometri. Londra 12 linee, 422 stazioni, 433 chilometri. Parigi 16 linee, 302 stazioni, 219 chilometri. Berlino 25 linee, 306 stazioni, 402 chilometri.
Una distanza siderale.
L’Italia postunitaria e persino l’Italia fascista avevano accompagnato lo sviluppo urbanistico con quello delle infrastrutture su rotaia. Il divorzio avviene nel secondo dopoguerra con il «sacco» della città e la sbornia per l’auto, lo iato s’allarga negli anni Sessanta e Settanta per farsi poi assai profondo dalla metà degli anni Novanta a oggi, con la crescita disorganizzata dei quartieri popolari attorno e oltre il Raccordo e la chiusura delle tramvie a vantaggio dell’asfalto. Una tendenza pericolosa per il tessuto urbano, come dimostra l’incrocio dei dati sulla criticità idrogeologica: i nubifragi dell’autunno 2017 e 2018 che hanno messo Roma in ginocchio dicono che la città costruita negli anni ‘50 è meno sicura di quella storica (suoli impermeabilizzati ed edifici sovradimensionati nei grandi piani di edilizia economica e popolare stravolgono i sistemi di drenaggio).
Ma i trasporti impossibili hanno soprattutto una grave ricaduta sociale, perché revocano in dubbio il diritto di cittadinanza dei romani: specie di alcuni.
Il tempo medio di percorrenza con un mezzo pubblico va dai 18 ai 30 minuti in centro ma può impennarsi tra i 69 e gli 80 minuti andando verso Pomezia a sud o verso la Romanina a est. Il seme della rivolta sta su un bus, il Raccordo è la trincea della rabbia. Lucina Caravaggi spiega che «i nuovi prigionieri urbani sono i soggetti più fragili e privi di un mezzo di spostamento, esclusi dalle opportunità della città... in particolare anziani, malati cronici, donne, bambini, oltre a coloro che non possono permettersi i costi dell’auto»
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E a noi il M5S ci regala il filobus anni 50 eliminato dalla Capitale alla fine degli anni 60. Per di più con il percorso demenziale che passa sulla via C. Colombo invece che sulla traiettoria diretta della via Pontina. Le pazzie di un assessore, la Meleo, che non ha mai voluto neanche sentire cosa aveva da dire la cittadinanza. Incompetenza, presunzione e spocchia a questo portano, a buttare 40 milioni di euro senza alcun beneficio, ma anzi, danneggiando l’attuale mobilità nei nostri quartieri.